sabato 21 marzo 2020


STEP#01 - DEFINIZIONE, ETIMOLOGIA E TRADUZIONE

Etimologia:

L’origine etimologica della parola lavoro è da ricondursi al latino labor =“fatica”.
Si può risalire inoltre alla radice sanscrita labh- = “afferrare”, per estensione, “orientare la volontà, il desiderio, l'intento”, oppure “intraprendere, ottenere”.
La stessa idea viene espressa, in greco antico, dal verbo λαμβάνω (lambano) = “afferrare, prendere, ottenere”, che sembra ragionevolmente riconducibile alla medesima radice sanscrita appena citata.
A livello etimologico, dunque, il termine esprime l’idea di un'attività faticosa, orientata a risultati che il lavoratore si prefigge.
Fonte:https://www.etimoitaliano.it/search?q=lavoro


Definizione:

lavóro s. m. [der. di lavorare].
1.
a. In senso lato, qualsiasi esplicazione di energia (umana, animale, meccanica) volta a un fine determinato: il l. dell’uomo, dei buoi, del computer;
b. Più comunem., l’applicazione delle facoltà fisiche e intellettuali dell’uomo rivolta direttamente e coscientemente alla produzione di un bene, di una ricchezza, o comunque a ottenere un prodotto di utilità individuale o generale: il l. manuale, il l. intellettuale; i frutti del l.; essere inabile al l.;
 c. In senso più concr., l’attività stessa applicata praticamente a un oggetto determinato:  terminare un l.; assumersi un l.,  essere al l
2. concr.
a. L’opera cui si attende, la cosa intorno a cui si lavora
b. Il risultato del lavoro, l’opera compiuta (anche di opere dell’ingegno):
4. Nel linguaggio scient., e in partic. in fisica, l. di una forza, grandezza associata a una forza quando il punto di applicazione di questa si sposta
Fonte: http://www.treccani.it/vocabolario/lavoro/


Il legame con il concetto di fatica diventa molto più evidente in alcuni dialetti italiani, fra cui il marchigiano; infatti, nelle Marche, i dialettofoni, non dicono di andare a “lavorare”, bensì a “faticare”.
A prima vista sembra distinguersi il Piemonte, che appare anche a livello linguistico molto più vicino al francese con il suo “travajé”; tuttavia questo termine, insieme al siciliano “travagghiari”, discende dal latino “tripalium”, strumento di tortura, quindi anche in questo caso è evidente il collegamento ideale tra lavoro e travaglio.
Insomma, la storia delle lingue romanze sembra dar ragione a chi oggi considera il proprio lavoro come qualcosa di negativo.
Un sentimento contrario trasmettono, a una prima lettura, le traduzioni di questo concetto in russo e in polacco, rispettivamente “rabota” e robota; tuttavia, queste sono risalenti alla radice indoeuropea *orbh- , che fa riferimento a uno stato di necessità e di mancanza (non a caso in italiano la ritroviamo in “orfano”), quindi si può rinvenire anche un questo caso un’accezione negative conferita al termine.
In ceco, infatti, la parola robota indica soprattutto un lavoro servile.
Con riferimento a questo idioma, però, lo scrittore e drammaturgo ceco Karel Čapek coniò nel 1921 il termine robot, che inizialmente indicava una specie di replicanti, mentre oggi si utilizza genericamente per parlare di meccanismo elettronico che svolge per conto nostro una parte del nostro lavoro.

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